Testimoniare la sofferenza dell’Ucraina
Joan Halifax
Da Lion’s Roar, 28 febbraio 2022
Originale: https://www.lionsroar.com/bearing-witness-to-ukraines-suffering/
Mentre siamo testimoni dell’invasione russa dell’Ucraina, non possiamo cadere nella nostra tendenza ad allontanarci dalla sofferenza, afferma Roshi Joan Halifax, monaca buddhista zen americana, 79 anni, allieva di Thich Nhat Hanh, Bernie Glassman e Seung Sahan. Dobbiamo vedere che non siamo separati dagli altri e muoverci con un’azione compassionevole.
Mentre assistiamo in tempo reale a ciò che sta accadendo in Ucraina, oggi, probabilmente come voi, sono profondamente consapevole che il mondo è a rischio. Ma questa è un’occasione anche per renderci conto che non siamo separati dal mondo. E per farci delle domande: come possiamo incontrare questa realtà di sofferenza e di violenza, visto che ne facciamo parte? Qual è la nostra esperienza mentre rendiamo testimonianza del presidente Zelensky nelle strade della capitale ucraina con un giubbotto antiproiettile? O il giovane soldato russo con in mano una pistola? Che dire degli esempi di resistenza civile non violenta, della vecchia che tende la mano piena di semi di girasole mentre rimprovera il soldato russo, o del giovane ucraino inginocchiato davanti al carro armato russo? Come affrontare la confusione, l’illusione e la violenza nel nostro tempo, nel nostro paese, nelle nostre vite? E come realizziamo la trasformazione della pace in mezzo a ciò? Senza dimenticare che tutto questo accade nel bel mezzo della catastrofe climatica causata dall’uomo.
Se capiamo che non siamo separati dagli altri, allora non condividiamo solo il loro risveglio, condividiamo anche la loro sofferenza.
Vaclav Hàvel, presidente ceco e noto umanista, una volta disse che moralità significa assumersi la responsabilità, non solo della propria vita, ma della vita del mondo. Da una prospettiva buddista, significa vedere le radici della violenza nel nostro Paese e in noi stessi, e finalmente capire che non siamo separati dagli altri esseri né dalle cose. E che dobbiamo agire di conseguenza, altrimenti ulteriore violenza si diffonderà, così come si è diffuso il Coronavirus.
Fin dall’inizio il buddismo ha guidato i suoi praticanti a realizzare la forma più radicale di inclusività, la consapevolezza che tutti gli esseri non importa quanto depravati e illusi, possono essere liberi dalla sofferenza e dall’illusione. E ha guidato a vedere che non siamo separati da nessun altro essere, sia Putin o Hitler, o Sua Santità il Dalai Lama o Malala.
Questo non è così facile da realizzare. Molti di noi non si sono permessi di guardare più in profondità della propria personalità e nelle proprie opinioni, per toccare con mano chi siamo veramente. Tuttavia, i praticanti di molte tradizioni contemplative sono stati a lungo guidati ad andare all’interno di sé, per scoprire non solo l’interconnessione di tutte le cose, incluso il mondo naturale, ma anche una pace che supera conoscenze, idee, concetti e opinioni. Una pace che è intrinseca a tutti gli esseri e che si scopre quando si riesce a tornare ad uno stato di non alienazione. Una pace che alimenta un’azione coraggiosa e liberatrice nel mondo, senza essere compiacente né irrequieta.
Da questa saggia pace scaturisce l’azione compassionevole. Lo ripeto: se vediamo che non siamo separati dagli altri, allora non condividiamo solo il loro risveglio, ma anche la loro sofferenza. Questa mattina, mentre scrivo queste parole, non sono separata dalla paura e dal coraggio degli Ucraini che prendono posizione per difendere le strade delle loro città, ma nemmeno sono separata dalla sofferenza di coloro che stanno attaccando l’Ucraina.
In questo momento, in questa esperienza di non-separazione, non sono compiacente né irrequieta. Sono aperta a ciò che accade, aperta a testimoniare e sostenere quanto posso quella sofferenza, con la schiena stabile, la pancia e il petto morbidi. La trasformazione della pace consiste nel realizzare che non siamo alieni a nessun essere su questa terra, e nel vivere questa realizzazione come fa il Bodhisattva, cavalcando sulle onde della nascita e della morte.
La trasformazione della pace, e ciò che ho imparato dal lavoro di John Paul Lederach, si basa sull’esperienza di connessione e di profonda intimità con il mondo. Si tratta della realizzazione fondamentale che il risveglio non è un’esperienza individuale, piuttosto è la liberazione di un senso di intimità nelle relazioni con tutti gli esseri, e attraverso di essi.
Il risveglio è quindi, in definitiva, un evento sociale. Il buddismo, i buddisti e i Buddha servono e si risvegliano con e attraverso relazioni fondate sull’esperienza di una vita profondamente condivisa, una vita dedicata alla nonviolenza, una vita che porta beneficio di ogni essere e cosa sul nostro pianeta.
Pertanto, come esseri umani che amano e provano compassione, dobbiamo testimoniare ciò che sta accadendo in Ucraina proprio in questo momento. Non possiamo voltare le spalle alla pervasività della sofferenza. E non possiamo ignorare questa alienazione, questa tendenza a trasformare il mondo e i suoi esseri in oggetti che chiamiamo “altro”.
Quando c’è un “altro”, c’è un Auschwitz, una casta di persone che non toccheremo, una donna devastata e violentata, una foresta tagliata, un bambino maltrattato e abbandonato, un uomo dietro le sbarre e torturato. C’è un villaggio fatiscente, di donne anziane i cui uomini sono morti tutti in guerra, e c’è un giovane russo con negli occhi paura e odio e in mano una pistola, che si aggira per una strada a Kiev.
I voti fondamentali che prendiamo come buddisti ci ricordano che non c’è “l’altro”. E le pratiche più fondamentali in cui si impegnano tutte le scuole del buddismo indicano il fatto che non c’è “l’altro”. Gli insegnamenti del Buddha ci dicono che non c’è “altro”. Eppure viviamo in un mondo popolato di persone alienate da questa profonda saggezza naturale, un mondo in cui intere comunità vedono “altri” che dovrebbero essere eliminati, liquidati, violentati, devastati, abbattuti e uccisi a colpi di arma da fuoco.
Oggi, più di ogni altro momento della storia umana, viviamo in una dimensione che può in modo immediato distruggere o liberare. Le nostre armi possono trovare i loro bersagli in pochi minuti, le nostre malattie possono diffondersi all’istante come un incendio in una foresta secca, le nostre illusioni possono contaminare rapidamente le menti di milioni di persone. Ma come ci ricorda l’attivista e sociologo George Lakey, la violenza non può tenerci al sicuro.
Con la stessa immediatezza però, noi dobbiamo raggiungere coraggiosamente il luogo dove la sofferenza è più acuta, inviando la nostra voce, prendendo posizione, costruendo una pace fatta di valori, punti di vista e comportamenti che si basano sui grandi tesori universali della compassione e della saggezza. Possiamo farlo dentro di noi, coltivando la pace e trasformando le nostre vite, e dobbiamo farlo fuori di noi: lavorando attivamente per la nonviolenza verso tutti e per un dialogo profondo e vero, che rispetti e dia valore a differenze e pluralità. E dobbiamo assumerci la responsabilità in ciò che accade, chiedendoci: qual è la mia parte, e la parte del mio Paese, nell’alimentare il demone dell’odio e della violenza?
Viviamo tutti nei panni dell’altro. Ora è più che mai è intollerabile voltare le spalle a ciò che sta accadendo in molte altre parti del mondo, che siano Ucraina, Afghanistan o le strade di Chicago. Come buddisti, condividiamo un’aspirazione comune a risvegliarci dalla nostra confusione, avidità e rabbia al fine di liberare gli altri dalla sofferenza. I voti del Bodhisattva, che sono il cuore della tradizione Mahayana, sono una potente espressione di ciò che chiamerei “saggia speranza”, una speranza che vince sulla paura e il tempo, contro ogni previsione. Questo affermiamo quando pronunciamo i voti del Bodhisattva:
le creature sono innumerevoli, giuro di liberarle tutte. Le illusioni sono inesauribili, mi impegno a estirparle tutte. La realtà è sconfinata, mi impegno a percepirla tutta. La via del risveglio è insuperabile, mi impegno a realizzarla tutta.
Possiamo noi realizzare questi voti ora, con le parole e con i fatti.