Viniyasa krama

Viniyasa krama

andare progressivamente verso un punto

di Tiziana Ferrari

Quando iniziai la pratica dello Yoga, la condizione di rigidità del mio corpo (di cui non mi ero mai accorta in modo così evidente) oltre a farmi sentire un po’ goffa e imbarazzata, mi rendeva difficoltoso e doloroso soffermarmi nelle posture statiche; questo perchè il metodo che avevo acquisito negli anni precedenti (durante le mie – seppur poche e brevi – esperienze ginniche), era di lottare contro i miei limiti e io, anche in questo contesto, cercavo faticosamente di resistere! Ma lo Yoga non è una ginnastica e per praticarlo mi veniva suggerito di accantonare il precedente assunto e di fluire progressivamente nella sequenza con i miei tempi e il mio respiro, adattando la forma al mio corpo e non il contrario, senza pretendere ciò che in quel momento non ero in grado di fare.

Fu un’esperienza totalmente nuova per me, come se fossi sbarcata su un altro pianeta ed era così piacevole e sensato l’aprirsi all’ascolto di quel che c’era, il muoversi con cura e vigilante arresa, che è stato facile per la mente fare un passo indietro rispetto alla concezione precedente.

Il senso di stare andando progressivamente verso un punto “viniyasa krama” – che è una delle linee direttrici introdotte da Gérard Blitz, ed è presente in ogni momento della pratica: da come si entra nelle posture, a come le si assapora e altrettanto gradualmente se ne esce – è un’esperienza che arriva subito, già durante la nostra prima lezione di Yoga, però non è detto che ci siano anche le condizioni per apprezzarla fin da subito, quindi ritengo sia importante sottolineare il ruolo significativo che ha nella nostra partecipazione co-creativa all’esperienza.

La progressività ci consente: sia di aprirci all’ascolto delle sensazioni più sottili che affiorano durante tutto il processo della pratica, sia di non disturbare lo stato di attenzione che via via, va ad incrementarsi e ad integrarsi in noi. Di conseguenza: le nostre azioni diventano meno meccaniche, quindi meno soggette ai condizionamenti del passato e la nostra percezione diventa più profonda e trasparente.

Non si tratta dunque di una tecnica pre-fissata e calibrata nei tempi di esecuzione, nè di copiare una forma, ma bensì di vivere un’esperienza.

La pratica si muove costantemente con noi e noi con lei, il “punto a cui si accede progressivamente”, ogni volta può trovarsi a profondità differenti, non ci è dato sapere dove e quando lo incontreremo, ma sappiamo molto precisamente come raggiungerlo.