Relazioni difficili e presenza mentale
Le relazioni umane sono una parte importante della nostra vita, e tanto della nostra gioia e sofferenza è legato ad esse. Come può la Mindfulness, la pratica della presenza mentale, supportarci nelle relazioni difficili, che spesso diventano più complicate in periodi di tensione?
È un fatto che, quando subiamo un comportamento altrui che ci ferisce, tendiamo a reagire in modo forte e quasi automatico. Vorrei fare alcuni esempi che tutti possiamo aver vissuto. Momenti difficili che ci hanno pesato sul cuore, di cui non è facile parlare. Parlarti.
Pensa a quando qualcuno, di cui ti fidavi, ti ha colpito con un comportamento violento, di una prepotenza ingiustificata: hai accusato il colpo, sei crollato o ti sei accasciata e sei rimasto a terra, come un animale paralizzato. Quando ti sei rialzato o ti sei trascinata su una sedia si è attivato uno stato di paura per evitare altre ferite, ti allarmavi per un nonnulla, ti eclissavi. Poi è nata la rabbia per l’ingiustizia subita, la reazione verso nuovi attacchi: come una tigre ferita, emettevi brontolii sordi ad ogni contatto con situazioni simili. Reazioni emotive a cascata, primordiali, per proteggerti e che magari sono durate a lungo.
Oppure un litigio con qualcuno che ti ha profondamente umiliata o ferito, che ti ha fatto sentire ripugnante, tutto uno sbaglio; anche pauroso o codarda, perché non sei riuscita a rispondergli. Sei rimasta lì con un senso di colpa continuo, pesante, ma che forse era più sopportabile della cruda sensazione di umiliazione in sé. Il senso di colpa sembrava già una spiegazione e una via di uscita – forse perché è un sentimento che attinge a elementi razionali come il giusto e lo sbagliato.
Altre volte le relazioni con le persone ti hanno ferito perché qualcuno aveva sparso dicerie su di te, pettegolezzi senza fondamento che ti screditavano, colpivano la tua immagine. Ti venivano riportati e ti si chiedeva di risponderne. Preoccupata per la tua reputazione, ti sei sentito insicura, e poi aggressivo. Volevi smentire, difenderti, svergognare i colpevoli.
Per non parlare di quando hai subito una critica, un rimprovero. A volte può essere stato anche motivato, altre volte era evidente che quella persona ti stava denigrando in modo drastico solo per dimostrare a se stesso e al mondo il proprio valore, competenza e rettitudine. In entrambi i casi, la prima reazione era un bruciante senso di inadeguatezza, di fallimento. Un dolore sordo, oscuro, che pescava nei buchi emotivi di tutta una vita. Nei casi più gravi, ogni tua reazione – emotiva o intellettiva – che cercasse di nascere in te, suscitava la stessa inadeguatezza, perché la critica era su tutta la tua persona comprese quelle reazioni, nulla si salvava. Così restavi attonita o confuso, quasi in anestesia, un’altra forma di difesa per non sentire quel disprezzo per te.
Direi che può bastare, per tratteggiare le difficoltà di relazione. Ce ne sono molte altre, ma le tonalità emotive che suscitano sono spesso simili. Provo quindi a tornare alla domanda:
Come può la Mindfulness, la pratica della presenza mentale, supportarti nelle relazioni difficili, spesso più complicate in periodi di vicinanza forzata e di distanza sociale?
Un primo elemento è l’addestramento, ripetuto, quotidiano, a restare con quello che c’è, nel cuore e nel corpo: ti connetti con il suolo, resti stabile e accogli il caos. Senti che ti ritrovi tuo malgrado, senza ragioni, in una situazione oggettivamente pesante, ma senti anche che riesci a starci senza strepitare, anche sei non hai il controllo della situazione. Seduto o camminando, a volte anche nel vivo di una discussione, ti fermi internamente ed entri nella consapevolezza del momento di conflitto relazionale, così come si presenta nel corpo:
Come stanno le spalle, sono tese? E lo stomaco, è chiuso o aperto? La pelle è bollente o suda freddo? E dove appare tutto questo se non nello spazio della consapevolezza?
Resti con queste energie del corpo, non le reprimi ma neppure le fai esplodere, e qualcosa cambia. Le vedi sorgere e dissolversi. Dopo che è passato l’incendio, senti il tuo sistema interiore che si riorganizza. Non lo fa la mente usuale, non stai a rimuginare, non ripercorri gli eventi cercando spiegazioni e facendo ipotesi sul futuro. Si libera una energia che risana, solo perché hai illuminato le tue reazioni corporee di consapevolezza.
E lo stesso puoi fare illuminando le reazioni emotive rapidissime che si sono attivate: rabbia, paura, risentimento, rammarico, confusione e molte altre. Sono più intime e in esse ti immedesimi molto di più, ma puoi lasciarle sorgere e dissolverti, continuando ad ascoltarle nel corpo. Quando si allentano un poco – perché sì, si allentano, anche se i tempi non li decidiamo noi – sotto di esse trovi un po’ di pace e insieme la ferita diretta. È più intensa, ma puoi indagarla: puoi cogliere che sapore ha, quel dolore. Forse sa di delusione per un gesto che non ti aspettavi, oppure di tristezza. Ma non sei definito solo da quella tristezza.
In quel guardare e sentire la ferita, non sei completamente assorbito in essa: la consapevolezza della tua tristezza, è triste?
E puoi notare anche che, raccogliendoti in quello sguardo, spesso emerge in te una sfumatura di dignità, di coraggio.
Un altro modo di attivare energie aggiuntive quando sei in una relazione difficile è aprire uno spazio dentro te stesso, sveglio, ampio, in cui sentire il dolore come qualcosa che riguarda tutti. Non resti concentrato su di te e sulla tua ferita, ma allarghi la percezione al dolore anche di chi ti sta di fronte, e molto oltre.
Puoi restare con il cuore spezzato per il dolore del mondo e chiederti: Che succede? A chi succede? Perché?
Il dolore è un evento universale, non personale. Accade a ogni vivente, ogni giorno, in ogni momento. E se non accade questo dolore, questo conflitto, ne accade un altro. È un dato di base, con cui studiare a lungo come rapportarsi, e proprio questa è la pratica della Mindfulness: accogliere il dolore e relazionarti in modo gentile, preciso e onesto con esso. Osserva ad esempio come aggiungi a quel dolore la tua rabbia e poi, a cascata, nasce un nuovo disagio per quella tua reazione, o per il giudicarti vigliacco, ingrato o troppo duro… tutta sofferenza aggiuntiva, e in fondo ingiustificata, come sono ingiustificati dolore, reazione, giudizio sulla reazione. Eventi strani, in fondo interessanti.
Un inciso e una raccomandazione, per me prima di tutto: queste non sono istruzioni da seguire, e neppure spiegazioni del processo interiore. Sono solo descrizioni di ciò che può accaderti quando una costante pratica di Mindfulness crea le condizioni adeguate. Non cercare di convincerti che devi essere “gentile/compassionevole/mindful”: sarebbe solo un altro modo per cercare di non sentire dolore.
Così come può sostenerci nelle relazioni difficili, la pratica della Mindfulness ti rende più presente anche nelle relazioni appaganti, quando sei onorato e amato. Non solo per apprezzarle nel profondo, ma anche per evidenziare reazioni emotive insidiose, opposte a rabbia e paura: invece di respingere o fuggire, in questo caso tendi a impadronirti della tua condizione favorevole. Se rallenti e cogli questo gesto interiore di appropriazione, puoi trovarlo strano, perché, anche se ti sei impegnato per costruirla, non hai meriti per la tua fortuna, non ti appartiene. Infiniti fattori hanno contribuito, di cui il tuo impegno è stato solo una piccola parte.
Puoi apprezzare una relazione felice senza abitarla come una tua proprietà, senza darla per scontata, senza ricoprirla di autocompiacimento o sentimentalismo?
Come le relazioni conflittuali, anche il rispetto e l’affetto di cui sei circondato sono eventi che sorgono e si dissolvono nello spazio della consapevolezza. È giusto apprezzarli e gioirne, ma non sono tuoi.
Per concludere, una nota su alcuni effetti di questa pratica. Lo spazio della presenza mentale cambia le relazioni difficili, sicuramente dentro di te; te ne accorgi da alcune sensazioni che ti sorprendono.
A volte può emergere, magari a distanza di tempo, quasi un senso di gratitudine per quella situazione conflittuale, perché ha messo in luce qualcosa di te che volevi nasconderti. Magari se hai avuto una reazione distruttiva, o passiva, un po’ ti vergogni, ma non è la vergogna impotente di chi si biasima per quel che ha fatto. È un turbamento interiore che ti aiuta a tenere a freno impulsi distruttivi o quelli spaventati, a sentirti più integro e completo, riconoscendo in te anche lati oscuri che comunque ci sono. E che sei grato di conoscere meglio.
Un altro sapore che può emergere è quello del perdono. Non è da considerare un obbligo, quando subisci una prepotenza hai bisogno anche del risentimento per reagire. Ma se sai fare una pausa, puoi intravedere sotto il rancore il tuo profondo avvilimento per essere stato vittima di quella persona o situazione, e la paura di essere di nuovo ferito. Il rancore era lì per proteggerti da quello scoramento, non per reagire meglio. La presenza mentale fa sempre lo stesso lavoro: ti permette di restare fermo nel dolore e a volte di vederlo meno convincente, di sentire il cuore più morbido e capace di lasciarlo andare. E con esso lasci andare il risentimento per chi lo aveva provocato, sorge il sapore del perdono. Serve a te, non devi dirlo a qualcuno e non devi far pace con quella persona o accettare quella situazione: se c’è stata ingiustizia è giusto agire. Ma puoi agire senza star attaccato alla tua ferita, senza sentiti una vittima, senza impedirti di essere lucido e tornare ad amare. L’energia del perdono è sottile e potente, cambia lo spirito e dell’azione con cui rispondi, gli dà efficacia.
Nelle relazioni, la gratitudine e il perdono sono alcuni dei contrassegni della pratica di presenza mentale: la pratica della pausa consapevole che accoglie, del lasciar andare, della risposta alternativa. Gesti che sono da rinnovare sempre, perché non sono una garanzia ma una conquista. Non tua, ma della pratica.
Questo rappresenta un approfondimento della Mindfulness: non serve solo per una buona qualità della vita, per darci sollievo dal dolore, per stare meglio. Con la pratica di presenza mentale possiamo usare il dolore come occasione per coltivare la nostra motivazione, per penetrare la realtà, per vedere meglio.